“Valentina va-lentinaaa, Valentina va-lentinaaa!”
Spesso si solleva questo coro.
Spesso due occhi di cristallo si inumidiscono e su un viso color terracotta scendono lacrimoni enormi (non credevo possibile che il nostro corpo fosse capace di produrre gocce così grandi!)
Valentina è una bambina di 7 anni, meravigliosa.
Un incrocio tra una bambola e un cartone animato.
Una bambola perché è perfettamente bella come le bambole, un cartone animato perché ha dei colori talmente vivi da non sembrare “reale”.
Occhi magnetici con un’iride color cristallo contornata da un bianco fluo, capelli lisci biondo cenere con ciocche castane e mogano, pelle ambrata, voce argentina e dolce allo stesso tempo.
Intelligente, intuitiva, empatica, svagata, sorprendente.
Valentina ha i suoi tempi.
Sembra avere un fuso orario diverso da quello della classe.
Quando dico di mettere a posto, Valentina inizia un disegno.
Quando i compagni sono pronti in fila, Valentina comincia a riporre le cose nello zaino.
A volte la guardo con tenerezza, altre volte mi fa arrabbiare tanto da urlare “Valentina, ma non è possibile che non fai mai le cose quando ti vengono chieste!!”.
E lei mi guarda con quegli occhi che ti trafiggono, brillanti come il mare ad agosto, quasi increduli, mi fa un sorriso compassionevole e mi dice sottovoce: “Maestra, perché ti arrabbi così?!”.
Difficile da spiegare, ma è così convinta di quello che dice, che un istante dopo mi ritrovo a chiedermi anche io: ma perché mi sto arrabbiando così?!
Con quello sguardo interrogativo e quel sorriso di pace, Valentina ti trasporta in un mondo lontano, fatto di calma e tempo in avanzo.
Spesso mette tra i capelli fiocchi, fermagli, fasce, cerchietti, mollette.
Ma nulla di sobrio: 20 mollette colorate, fasce enormi, fiocchi più grandi di lei… e tutto vivacemente dipinto.
Un giorno stavamo leggendo un libro e c’era, tra i protagonisti, una bambina mulatta.
Valentina esclamò con tutta la sorpresa e l’entusiasmo del mondo: “Questa è proprio come me!”.
Io non capivo e le chiesi: “In che senso come te?”.
E lei mi disse: “Colorata!”.
Mi scappò una risata fragorosa perché lei intendeva il colore della pelle, io invece pensavo al fatto che indossasse sempre qualcosa di vivace.
Ma i compagni, neanche troppo sottovoce, le dissero: sei colorata e strana!
Così Valentina tirò fuori i suoi lacrimoni e mi sussurrò: “Non ne posso più… io sono diversa.. mi dicono sempre che sono lenta e strana, voglio andare via e non tornare più!”.
Valentina è sempre stata la bambina compassionevole dal perdono facile: la sua reazione mi preoccupò e cercai di andare a fondo.
Chiesi ai bambini perché pensavano che Valentina fosse strana e mi descrissero ciò che io adoravo di lei, ciò che la rendeva diversa e, per questo, speciale: aveva a volte la testa tra le nuvole, era sempre gentile (la consideravano una cosa strana!!), era abbronzata tutto l’anno mentre loro si schiarivano in inverno e si vestiva in modo strano.. con fiocchi grandi e colorati.
Questi commenti mi fecero tornare alla mente che a Carnevale, mentre gli altri si erano mascherati da supereroi e principesse, lei si era travestita da Frida Kalho.
Nessuno dei bambini capì chi fosse, e questo diede a me la grande opportunità di parlare di una pittrice famosa.
Mentre loro parlavano, la mia mente si interrogava sul perché i bambini la percepivano diversa, visto che anche molte altre bambine usavano i colori come Valentina.
E così capii.
Tutte le volte che Valentina metteva un fiocco variopinto tra i capelli o creava turbanti con le felpe colorate, la mia mente andava alle donne brasiliane..
Ogni volta che mi parlava dolcemente stupendosi della mia rabbia, io ricordavo i suoni della lingua portoghese..
Quando svolgeva le attività in differita rispetto alla classe, io sentivo la brezza del mare e del sole del Brasile…
Ricordai ai bambini che Valentina aveva il papà italiano e la madre brasiliana.
Ma non capivano: non era abbastanza scura da essere nera, non parlava lingue straniere…
Per i compagni, Valentina era italiana come loro. Uguale a loro.
Quel giorno, e nelle settimane a seguire, facemmo un lungo viaggio tra le immagini, i colori e le tradizioni del Brasile.
I bambini avevano visto in Valentina qualcosa di diverso. E avevano ragione.
I suoi non erano colori a caso.
C’era uno stile, un’identità che loro non conoscevano ancora.
Io invece sì.
Ecco.
NON CONOSCEVANO ANCORA.
Perché la diversità è diversità fino a quando non la includi attraverso la conoscenza.
Ricordiamocelo.
A due passi dal Brasile
Emilia Andriella