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Il coraggio, uno non se lo può dare

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Ma voi, ve lo ricordate il vostro tema di maturità?!…

Io mi ricordo molto poco dell’ultimo anno di liceo… ma ho impresse dentro di me le emozioni dell’inizio degli esami di maturità: il temuto tema.

Non sono mai stata una secchiona, ma ho sempre adorato alcune materie, tra cui la letteratura. E la studiavo: anzi, ci amoreggiavo proprio.

Accumulavo gli argomenti di matematica come una collezione limitata di figurine Panini; ma la letteratura..! La letteratura la leggevo con la stessa goduria di quando mangio il gelato di Lavezzi pistacchio, nutella e panna!
(Lavezzi è un pezzo di storia che nel 1870 andava sul Vesuvio a prendere la neve per i sorbetti che vendeva nel suo chiosco)
Ero talmente nel flow quando avevamo il compito in classe, che la prof del liceo l’ultimo anno, non potendone più, mi riconsegnò il compito e mi disse:
“Andriella, sappi che è l’ultima volta che ti metto 9,5. Alla prossima, se fai un tema più lungo di quattro mezze facciate, ti metto 5 senza leggerlo: io il sabato devo stirare e ho 3 figli! Non posso perdere il tempo appresso a te!”.

C’erano solo un paio di autori che odiavo.. ma proprio non mi piacevano! Uno dei due era Manzoni.

Avevo preparato tanti temi per esercitarmi e, quando mi avevano suggerito di metterli in una bella cartucciera e portarli con me, mi ero profondamente offesa.
Ma lo feci per non peccare di presunzione.
Anche se per tutto il tempo pensavo che se mi fosse caduta, sarebbe stata un’ingiustizia divina!

Giunse il giorno degli scritti.
Ero seduta, elettrizzata.
Pensavo: Chi sarà?! Il mio Leopardi? Foscolo? D’Annunzio? Montale?..
Manzoni.
Era Manzoni e mi venne uno scoramento talmente forte che volevo impiccarmi con la cartucciera.

La figura di Don Abbondio: “un vaso di terracotta, costretto a viaggiare in compagnia di vasi di ferro”.
Una figura talmente potente che tra il Fermo e Lucia ed i Promessi Sposi, poco ha cambiato di lui Manzoni, se non un’aggiunta d’ironia che ne ha addolcito i connotati.
Mi stava talmente antipatico Manzoni, che Don Abbondio, che l’autore all’epoca mi sembrava non condividesse, mi divenne simpatico.
E, quindi, ci misi in quel tema tutto l’amore per far dispetto all’autore!
Quanto pagherei per rileggerlo!!
Solo per  capire cosa pensava quella me diciottenne, cosa scriveva… e in che modo tutto ciò mi ha portata fin qui.

Don Abbondio è rimasto una figura importante nel mio cammino; non è un caso se oggi, durante i corsi di Intelligenza Emotiva, quando spiego ai ragazzi la funzione dell’amigdala, dico sempre loro: “Avete presente Don Abbondio!? Don Abbondio è un’amigdala che cammina!”.
E loro ridono di cuore.
L’amigdala è quella parte dell’encefalo che si occupa di tutte le emozioni alla base dell’istinto di sopravvivenza.
Emozioni fondamentali se ospitiamo nostra suocera e non abbiamo fatto le pulizie di primavera, inutilmente stressanti se nostro figlio è chiuso in camera con la fidanzata e non sentiamo rumori (non roviniamogli la prima volta!).

Quel Don Abbondio mica aveva scelto di essere un curato per vocazione!?
Solo per acquistare immunità!
Ma il karma, se così lo vogliamo chiamare, gli ha mandato Renzo e Lucia.
E, da quel momento, la sua vita è stata governata dalla paura alla quale ha risposto con la fuga.
Insomma il nostro curato è proprio il prototipo di uomo che non ha competenze di intelligenza emotiva allenate!

Succede a tanti di noi.
Scegliamo male la nostra strada (fidanzato/a, università, lavoro, marito/moglie) e, da quel momento, perdiamo il timone della nostra vita… e non gestiamo le nostre emozioni.. anzi, sono loro a gestircii!
E diventiamo fragili.. talmente inconsapevolmente fragili, che la terracotta, a confronto, sembra essere acciaio.

E voi? Chi eravate voi al tema di maturità?


Emilia Andriella