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Il rumore confonde

  • Categoria dell'articolo:Formazione

Un paio di anni fa mi è successa una cosa talmente inaspettata che, se non avessi avuto testimoni, oggi ripensandoci, penserei ad uno scherzo della memoria.

Suono della campanella.
Ricreazione.
Piove.
Non usciamo in giardino.
Allora propongo un gioco da fare in aula. “Giochiamo al gioco dei mimi?”
“Cos’è il gioco dei mimi?”
“COME cos’è il gioco dei mimi”?!?!

Roba da non credersi!
Ero indecisa se essere arrabbiata con i genitori e gli insegnanti precedenti, o trovare il contatto di un bravo geriatra visto che era palese che mi dividesse un secolo dai miei alunni!
Ma, facendo appello alla mia Intelligenza Emotiva e, nello specifico all’Ottimismo, ho pensato che fosse un’occasione per mostrare ai bambini l’utilità di questo gioco.

Così abbiamo iniziato a giocare: mestieri, supereroi, emozioni e personaggi delle fiabe.
Se qualcuno fosse entrato in quel momento in classe, avrebbe di certo creduto di trovarsi in un centro di riabilitazione degli arti per bambini.
Muovevano le braccia a scatti, ripetendo sempre lo stesso piccolo movimento qualunque cosa fossero diventati: un carpentiere, Spiderman, Cenerentola, Tristezza, Gioia o la cuoca della scuola.

“Maestra, ma non si può fare questo gioco! Manca un pezzo. Secondo me ti sei sbagliata. O forse ti sei dimenticata le regole. Non ti preoccupare, succede anche a me qualche volta. Non si capisce senza parole!”
Manfredi, (allora) 6 anni

Sono stata in silenzio per cercare di capire come fosse possibile tutto ciò. Cosa fosse accaduto tra i miei ed i loro 6 anni.
Mi guardavano con sospetto mentre io, in silenzio, mi sono alzata, ho spento le luci, ho acceso la lim ed ho premuto play su un video di Charlie Chaplin.

Braccia conserte sui banchi, mento sui polsi, occhi sbalorditi. “Maestra, ma è un mago!”
Valentina, (allora 7 anni)

Stupiti di capire, senza le parole. Di ascoltare, al di là delle parole. Di sentire, oltre le parole.

Il silenzio per ascoltare. Il silenzio per stare.
Merce rara.
Quella stessa merce che ci permette di “sentire” il ticchettio del tempo che scorre, il battito di un cuore emozionato, il tamburellare della pioggia sui vetri, il “sogni d’oro” della mamma o del papà o il “ti amo” sussurrato tra i capelli..

Il silenzio accende l’ascolto e allena l’empatia.
Il silenzio è l’ostacolo in cui troppo spesso mi imbatto quando alleno “i grandi” all’intelligenza emotiva.
É che abbiamo perso l’abitudine al silenzio. E abbiamo coperto le nostre emozioni col rumore. E il rumore confonde.
Quanto sarebbe bello restare accanto in silenzio, ascoltando il battito e facendo parlare i cuori.
Quanto sarebbe bello tornare a sentire. Oltre le parole.


Emilia Andriella